Città e beni comuni” is an article written by LabGov coordinator, prof. Christian Iaioneand first published as a chapter of L’Italia dei beni comuni, a book published in 2012 by Carocci and co-authored by prof. Iaione and Gregorio Arena.

“Dove va una persona se vive in una città, non ha la fortuna di possedere un giardino e sente il bisogno di immergersi in un ambiente naturale, usufruire di tutti i servizi che uno spazio verde può fornire come correre, leggere un libro su un prato all’aria aperta, respirare aria mediamente più pulita? Come può quella persona nutrire la propria sete di relazioni sociali e incontrare persone nuove, diverse, ricche di esperienze e culture che non possiede? Dove può coltivare il proprio senso di appartenenza a una comunità, contribuire ad arricchire la sua identità con le proprie capacità e passioni, partecipare delle sue tradizioni? Quali sono le infrastrutture e i servizi che accrescono la qualità della vita urbana, mettono la persona in condizione di condurre un’esistenza degna di essere vissuta o la rendono più libera di muoversi e le consentono di condividere o coltivare stili di vita più coerenti con la propria sensibilità individuale e con quella di chi vive nel medesimo spazio di vita? Cos’è che determina il maggiore o minore valore economico o semplicemente estetico di una comunità sotto il profilo immobiliare? Tutte queste domande trovano una sola, identica risposta. Si tratta degli spazi e servizi urbani di interesse comune. Essi soddisfano numerosi bisogni del vivere in città perché sono funzionali al benessere delle comunità, come all’esercizio individuale dei diritti di cittadinanza: qualità della vita e del lavoro, socialità, mobilità, svago, condivisione, senso di comunità, possibilità di coltivare capacità e passioni sono tutte cose che risentono immediatamente della maggiore o minore qualità delle infrastrutture di uso collettivo che una città è in grado di mettere a disposizione dei propri abitanti. Purtroppo, però, vivono oggi un momento di profonda crisi. Una crisi determinata da due fattori. Si tratta in primo luogo del deficit e del declino degli spazi pubblici o collettivi tanto nelle periferie, quanto nelle aree centrali, tanto nel momento della loro infrastrutturazione, quanto in quello della loro manutenzione. Il secondo fattore di crisi risiede, invece, nella graduale disaffezione e disattenzione dei cittadini verso gli spazi pubblici urbani che sono percepiti come luoghi di nessuno (o al più dell’ente pubblico locale), anziché luoghi di tutti in quanto spazi comuni. E questo atteggiamento di spoliazione di titolarità e responsabilità da parte dei cittadini consente l’aggressione indisturbata e impunita di questi beni da parte di chi non riesce ad apprezzarne l’importanza per la vivibilità urbana e la coesione sociale. Sul primo versante, vincoli sempre più stringenti ai bilanci degli enti locali, imposti dalla disciplina comunitaria in materia di patto di stabilità e derivanti dalla dimensione del debito pubblico italiano, oltre alla riduzione dei trasferimenti statali conseguente all’aggravamento dei conti pubblici italiani a seguito della crisi finanziaria del 2008, hanno indotto gli enti locali a ridurre il proprio intervento a favore dei bisogni della comunità locali. La riduzione delle risorse pubbliche non ha riguardato solo i servizi alla persona, ma sta incidendo fortemente anche sull’ambiente urbano e, in particolare, sugli spazi pubblici. La crescente penuria di risorse pubbliche fa il paio con un sempre più diffuso disinteresse dei cittadini, in particolare quelli di più giovane età, verso la preservazione, la cura e il mantenimento dei luoghi di vita e aggregazione dove si svolge la vita comunitaria. In maniera speculare stentano a svilupparsi e diffondersi forme di responsabilizzazione nella fruizione e nella gestione dei servizi pubblici locali. Molto probabilmente questa disaffezione trova origine anche in una scarsa opera di educazione alla cittadinanza da parte delle istituzioni ma anche delle singole famiglie e della scuola. Eppure, nella costruzione del benessere urbano è decisivo il coinvolgimento degli attori principali dell’ecosistema urbano, e cioè gli stessi cittadini che usano e vivono la città. La “città ideale” per Lefebvre è, infatti, «una continua opera degli abitanti, essi stessi mobili e resi mobili per e da questa opera. […] Il diritto alla città si manifesta come una forma superiore di diritti: diritti alla libertà, all’individualizzazione nella socializzazione, all’habitat, all’abitare»”.

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